Antoine Laurent de Lavoisier



Introduzione e vita
Lavoisier scoprì il ruolo dell’ossigeno nella combustione e calcinazione dei metalli archiviando la teoria del flogisto, enunciò il principio di conservazione della massa nelle reazioni, riformò la nomenclatura, propose le tableau des substances simples, fondò la chimica moderna su basi quantitative.
Antoine-Laurent nacque il 1743 in una famiglia benestante. Giovanissimo, fu attratto dal fascino della sperimentazione chimica e dal rigore per la classificazione naturalistica: presto si dedicò appassionatamente alla chimica lavorando nel suo laboratorio.
Entrato nelle Fermes Générales (la nostra ‘Equitalia’) diventò frequentatore del salotto di Jaques Paulze, un illuminato aristocratico che riuniva intellettuali come Laplace, Franklin e Condorcet.
Di amabili maniere, li conobbe e sposò Marie-Anne Pierrette, quattordicenne figlia del padrone di casa. Ella avrà un ruolo importante nella sua opera: fu musa ispiratrice e disegnatrice delle bellissime tavole delle sue relazioni e del Traité.

A ventidue anni ricevette la medaglia d’oro dall’Accademia per aver trovato il miglior sistema d’illuminazione delle strade di Parigi, lavorandoci accanitamente per mesi.
Quindi, si dedicò alla falsificazione dell’antica credenza che l’acqua potesse trasformarsi in terra e roccia.

Esperimento
Fin dai tempi di Talete di Mileto che vide nell’acqua l’archè di tutte le cose, si era ritenuto che l’acqua per evaporazione si trasformasse in pietra e terra. Pesò un pallone di vetro perfettamente pulito. Versò una quantità nota di acqua potabile che distillò in un secondo pallone pulito e pesato con esattezza. Al fondo della bottiglia vuota raccolse un materiale grigio e terroso. Pesò la bottiglia e la sua impurità, sottraendo il peso della bottiglia ottenne quello della terra. Pesò l’acqua distillata e concluse che la loro somma era identica al peso dell’acqua di partenza: la terra proveniva dunque dall’acqua potabile.
Rimaneva il problema: l’impurità solida era disciolta nell’acqua o era acqua trasformata in terra?

Prese un pellicano, una storta alchimista col collo ripiegato in modo tale che il liquido distillato rifluisce nello stesso recipiente. In questo modo, una quantità definita di acqua piovana purissima fu distillata a riflusso per cento giorni. Infine, tracce di materiale solido galleggiavano sull’acqua. Pesò il pellicano e il suo contenuto e non osservò alcun cambiamento. Anche l’acqua distillata aveva conservato lo stesso peso. Quando pesò il pellicano vuoto, trovò che questo aveva perduto un peso uguale a quello del materiale solido raccolto. Questi pochi grammi di residuo, sono prodotti dal vetro della bottiglia, concluse: l’acqua era rimasta inalterata, non era vero che si trasformava in terra. Nell’ottobre del 1774 Priestley era a Parigi e gli illustrò i suoi esperimenti sulla preparazione dell’ossigeno.
Sulla base di queste informazioni effettuò il classico ESPERIMENTO DEI DODICI GIORNI.
“Posi un matraccio con venti grammi di mercurio puro nella fornace. Piegai il collo in modo che l’estremità giungesse sotto una campana di vetro in un recipiente contenente mercurio. Il secondo giorno apparvero delle particelle rosse sulla superficie del mercurio; esse aumentarono volume e di numero nei giorni successivi. Infine, non subirono più alcun mutamento: alla fine del dodicesimo giorno spensi il fuoco. L’aria rimasta nel matraccio ammontava a circa 5/6 del volume iniziale e non era più atta alla combustione e alla respirazione: era rimasta ‘aria fissa’, azoto. Calcinando i tre grammi di polvere rossa formata, raccolse mercurio puro e un gas ‘molto più atto alla respirazione e alla combustione che non l’aria atmosferica”.
Era ‘l’aria deflogisticata’ di Priestley: la battezzò ossigeno, ritenendo che entrasse nella composizione di tutti gli acidi. La combustione, sostenne, è data dall’unione della sostanza che brucia con l’ossigeno non nella liberazione del flogisto, lo dimostrava la conservazione della massa. Il prodotto, subiva un aumento di peso rispetto alla sostanza originale, uguale al peso dell’ossigeno che si combinava con la sostanza in combustione. Il flogisto non esisteva, risultò sconfitto dal genio del francese e dalla più sensibile bilancia d’Europa.
Lavoisier aveva così introdotto il metodo quantitativo in chimica ed enunciò il principio di conservazione della massa dimostrando che in ogni reazione la quantità della materia resta uguale prima e dopo l’operazione.

Conclusione
I suoi contemporanei, tuttavia non furono riconoscenti nei confronti di Lavoisier. Nel 1794 venne infatti ghigliottinato durante la Rivoluzione francese. Egli aveva, infatti, ricoperto importanti ruoli pubblici, durante la monarchia, tra i quali quello di esattore delle imposte. I rivoluzionari videro in lui soltanto un odioso strumento del potere, dimenticando i suoi straordinari contributi di scienziato.

FONTI: www.chimicare.org , www.minerva.it


Torna indietro