Gli inquinanti atmosferici

L'aria che respiriamo può essere contaminata da sostanze inquinanti provenienti da industrie, veicoli, centrali elettriche e molte altre fonti.
Questi inquinanti rappresentano un grosso problema per gli effetti dannosi che possono avere nei confronti della salute o dell'ambiente in cui viviamo.
Il loro impatto dipende da vari fattori, come ad esempio la quantità di inquinante dell'aria al quale si è esposti, la durata dell'esposizione e la pericolosità dell'inquinante stesso.
Gli effetti sulla salute possono essere di piccola entità e reversibili (come un'irritazione agli occhi) oppure debilitanti (come un aggravamento dell'asma) o anche fatali (come il cancro).

Qui di seguito vi riportiamo alcuni dei principali inquinanti:


Il metano 
Il metano è un idrocarburo semplice formato da un atomo di carbonio e quattro di idrogeno; la sua formula chimica è CH4, e si trova in natura sotto forma di gas.
La particolarità di questa sostanza è che se utilizzata come carburante è molto meno inquinante rispetto ad altri combustibili fossili come ad esempio il petrolio o il carbone.
Solitamente il metano viene estratto dagli stessi giacimenti di petrolio. Come il petrolio, infatti, il gas naturale è il risultato delle trasformazioni subite dalla sostanza organica depositatasi sul fondo di antichi mari e laghi (bacini sedimentari). Si parla di "gas associato" quando il gas naturale è disciolto nel petrolio o costituisce lo strato di copertura del giacimento petrolifero; e di "gas non associato", quando il giacimento è costituito quasi esclusivamente da gas naturale (ad esempio, i grandi giacimenti del Mare del Nord e dell'Olanda).
immagine raffigurante l'installazione di un metanodotto Estrarre il gas naturale dal sottosuolo è abbastanza facile. Quasi sempre si trova intrappolato sotto ad uno strato di roccia. Date le grandi pressioni, non appena si finisce di trivellare il gas schizza fuori da solo e occorre solamente “infilarlo” in un tubo e indirizzarlo verso le sue destinazioni finali o nei centri di stoccaggio.
La costruzione di metanodotti per il trasporto del gas necessitano di meno sforzi e meno costi rispetto ai condotti per il trasporto del petrolio. Un problema di questi metanodotti però è quello dell’eccessiva dispersione di metano nell’aria dovuto a malfunzionamenti all’interno degli stabilimenti di stoccaggio.
Per gli scienziati la dispersione nell’atmosfera è di 13 milioni di tonnellate di metano l'anno. L’impatto sul clima sarebbe pari a quello provocato in un anno dalle emissioni di CO2 di tutti gli impianti a carbone del Paese. Ciò è dovuto dal fatto che il metano ha un potenziale di inquinamento 80 volte superiore alla CO2 e così negli ultimi due decenni i benefici sul clima portati dalla conversione a metano degli impianti a carbone si sono azzerati.

Di fianco è possibile vedere l'immagine di un metanodotto danneggiato che provoca la fuoriuscita del gas con il conseguente danno ambientale.


Idrocarburi policiclici aromatici
Gli idrocarburi policiclici aromatici, noti anche con l'acronimo IPA, sono idrocarburi costituiti da due o più anelli aromatici quali quello del benzene fusi fra loro in un'unica struttura generalmente planare; in quanto idrocarburi non contengono eteroatomi nel ciclo o nei sostituenti.
Il naftalene è il più semplice esempio di IPA. Questi tipi di idrocarburi sono la principale fonte di inquinamento delle città più moderne come New York, Parigi, Londra ma anche in Italia come Milano piuttosto che Roma o addirittura Monza che si prospetta una delle città più inquinate dell’Italia del nord.
Si ritrovano nel petrolio, da cui si estraggono, particolarmente dalle qualità ricche in aromatici.

Sono potenti inquinanti atmosferici e la loro formazione per cause antropiche avviene nel corso di combustioni incomplete di combustibili fossili, legname, grassi, fogliame, incenso e composti organici in generale, quali quelli provenienti dai rifiuti urbani, ritrovandosi quindi nei loro fumi, da quelli da biomasse al fumo di tabacco, ritrovandosi anche nei cibi cotti, particolarmente nei processi di carbonizzazione ad alta temperatura, come le cotture alla griglia delle carni o nel pesce affumicato.
Sono inquinanti che generano allerta perché alcuni composti sono stati identificati come cancerogeni, mutageni e teratogeni.
Gli IPA ad alto peso molecolare, come il benzo[e]pirene e il benzo[a]pirene, sono presenti in elevate quantità in catrami, bitumi, pece e carboni nonché nei prodotti correlati come gli asfalti. Inoltre possono derivare da nerofumo e fuliggine di legna o comunque si ricollegano a fonti pirogeniche.
Gli IPA leggeri come naftalene e fluorene sono inquinanti ubiquitari che, per la loro, relativa, maggiore solubilità in acqua, possono giungere ad inquinare le falde sotterranee. Sono stati trovati nel mezzo interstellare, in comete e in meteoriti e sono tra le molecole ipoteticamente candidate a fungere da stampo base per la catalisi di reazioni coinvolte nella genesi delle prime forme di vita.
Gli IPA, sono molto spesso associati alle polveri sospese. In questo caso la dimensione delle particelle del particolato aerodisperso rappresenta il parametro principale che condiziona l'ingresso e la deposizione nell'apparato respiratorio e quindi la relativa tossicità. Presenti nell'aerosol urbano sono generalmente associati alle particelle con diametro aerodinamico minore di 2 micron e quindi in grado di raggiungere facilmente la regione alveolare del polmone e da qui il sangue e quindi i tessuti. Oltre ad essere degli irritanti di naso, gola ed occhi sono riconosciuti per le proprietà mutagene e cancerogene.
Lo IARC (International Agency for Research on Cancer) ha inserito il Benzo[a]Pirene e altri IPA nelle classi 2A o 2B (possibili o probabili cancerogeni per l'uomo). 

A livello ambientale gli IPA contribuiscono al fenomeno dello "smog fotochimico".

Lo smog
Lo smog, conosciuto anche come nebbia nera, è una forma di inquinamento atmosferico nei bassi strati dell’atmosfera terrestre. Il termine viene utilizzato per indicare l'inquinamento atmosferico che si manifesta con forme simili alla nebbia, alla foschia o alla caligine negli strati bassi dell'atmosfera, normalmente in condizioni di calma di vento e di inversioni termiche alle basse quote dovuto alla presenza di particolato ed altri inquinanti.
Lo smog risulta nocivo alla salute dell'uomo e degli animali superiori - irritante per gli occhi e per le vie respiratorie e anche cancerogeno - ma anche per le piante e per gli ecosistemi acquatici. Inoltre, per la sua acidità, è in grado di corrodere lentamente edifici e monumenti.
Vi sono due tipi di smog:
Lo smog di tipo tradizionale, che viene anche chiamato smog invernale o smog di Londra, perché più comune d'inverno e più comune nelle città a climi freddi e umidi, come Londra. Dal punto di vista chimico, questo smog viene chiamato smog riducente.
Lo smog fotochimico, il quale si manifesta con una leggera foschia di colore giallo-marrone che può provocare irritazione agli occhi e disturbi respiratori. Altri effetti sull'ambiente riguardano possibili danni alla vegetazione (riduzione della produttività di colture) e alle cose (rapido deterioramento delle superfici e dei materiali).
Un’esposizione allo smog a bassi livelli di concentrazione provoca solo un’irritazione agli occhi, al naso, alla gola ed una fastidiosa lacrimazione. L’esposizione prolungata ad alte concentrazioni di smog è assolutamente da evitare.
I soggetti più a rischio sono i bambini, gli anziani e le persone che hanno malattie polmonari. I bambini, dal momento che tendono a stare più tempo all’aperto e anche perchè i loro corpi sono ancora in via di sviluppo e così sono più soggetti ai danni causati dallo smog.
Anche le persone che effettuano attività sportiva all’aperto sono a rischio, in quanto inalano maggiori quantità di aria e, di conseguenza, anche di inquinanti.
La produzione di smog viene causata principalmente da:
  • Sorgenti legate all'attività dell'uomo: processi di combustione, usura di pneumatici, freni ed asfalto. Uno studio sull'inquinamento dello smog in Lombardia, regione in cui frequentemente viene superata in molte aree la soglia massima ammessa di polveri sottili, ha rivelato che la maggior causa della origine e dispersione di queste particelle è data dalla “combustione di biomasse legnose” (quindi stufa a pellets o legna) che contribuiscono per il 45% alle polveri sottili diffuse nell'aria.
  • Sorgenti naturali: l’erosione del suolo, gli incendi boschivi, le eruzioni vulcaniche, la dispersione di pollini, il sale marino.
La nocività delle polveri sottili dipende dalle loro dimensioni e dalla loro capacità di raggiungere le diverse parti dell'apparato respiratorio:
  • oltre i 7 μm: cavità orale e nasale
  • fino a 7 μm: laringe
  • fino a 4,7 μm: trachea e bronchi primari
  • fino a 3,3 μm: bronchi secondari
  • fino a 2,1 μm: bronchi terminali
  • fino a 1,1 μm: alveoli polmonari

Quanto inquinano le auto con un motore elettrico?
Il potenziale di riduzione della CO2 delle auto ibride al momento è pari a quello delle auto elettriche a batteria ma le cose cambieranno con la ricarica veloce. Almeno per il momento, le auto ibride possono considerarsi equivalenti a quelle elettriche in fatto di emissioni. Durante tutto il ciclo di vita, infatti, secondo gli esperti, le prestazioni ambientali sono equiparabili. Lo dimostra un documento pubblicato su Scientific Reports da un team di ricercatori del Fraunhofer Institute e del Karlsruhe Institute of Technology, che presenta la prima panoramica sistematica dei risultati empirici sui chilometri percorsi in modalità elettrica dei veicoli ibridi plug-in ed elettrici puri in USA e Germania. Il team ha scoperto che, contrariamente a quanto si crede, un veicolo ibrido plug-in con circa 60 km di autonomia percorre gli più o meno gli stessi chilometri l’anno in modalità elettrica di un elettrico puro, nonostante abbia una batteria molto più piccola. Il team ha confrontato le prestazioni di 49.000 veicoli puramente elettrici con 73.000 veicoli ibridi in Germania e negli Stati Uniti, e l’analisi ha mostrato che fino a una percorrenza di 15 mila chilometri l’anno, le due tipologie hanno emissioni paragonabili. Il potenziale di riduzione della CO2 delle auto ibride, dunque, al momento è pari a quello delle auto elettriche a batteria. Le maggiori emissioni derivanti dal consumo di combustibili fossili nelle prime, infatti, sarebbe compensato dalle minori emissioni. Alternative non se ne vedono: l’idrogeno sembra molto più indietro dell’elettrico quanto a sviluppo dei mezzi e della rete di ricarica, mentre i biocombustibili convenzionali rischiano di sottrarre terra all’agricoltura, e quelli avanzati (da alghe e da scarti agricoli) per adesso sono allo stadio di prototipo. Del resto, produrre combustibili per poi bruciarli in un motore che butta via i tre quarti dell’energia come calore, sembra una scelta un po’ folle. Considerato che un’auto elettrica pura fa circa 5 km con un kWh, e considerando una emissione media di 500 grammi di CO2 per ogni kWh di elettricità della rete usata per ricaricare le batterie (valore valido per gli Usa, in Italia sarebbero circa 350 gr/kWh), si otterrebbero le stesse emissioni di un anno di percorrenza degli ibridi plug-in Con 500 gr di CO2/kWh dall’attuale sistema elettrico, inoltre, le emissioni di un motore a scoppio moderno di piccola cilindrata, sono poco maggiori di quelle di un motore elettrico, per cui quando le AIR lo usano non è che emettano tanto di più della AEB. Naturalmente, però, via via che i sistemi elettrici diventeranno meno dipendenti dai derivati fossili e la fabbricazione delle batterie sempre più efficiente, il vantaggio in termini di emissioni delle auto puramente elettriche sulle ibride arriverà sempre prima e si incrementerà. Per adesso, però, e ancora per molti anni, considerato il ritmo della decarbonizzazione del sistema elettrico sembra proprio che la scelta migliore per la transizione energetica dei trasporti sia il modello plug-in con batterie in grado di dargli un’autonomia di 100 o più chilometri.



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