John Dalton

John Dalton, chimico e fisico inglese, nacque in una famiglia quacchera nel 1766 e fu istruito in casa e presso le scuole religiose quacchere. 
Nel 1781 divenne aiuto del fratello che insegnava a Kendal. Nel 1793 si trasferì a Manchester dove trascorse il resto della sua vita. In questa città insegno'  fisica e matematica divenendo poi un divulgatore della scienza, che illustrava in conferenze che teneva passando di città in città. Le sue ricerche spaziarono su un’ampia gamma di temi. I suoi studi sull’atmosfera lo dovevano portare gradualmente all’elaborazione della sua teoria atomica.
Nel 1808, Dalton scoprì che ci sono casi in cui due elementi possono reagire tra loro secondo rapporti di combinazione diversi, portando alla formazione di composti diversi. Questo è il caso del carbonio e dell’ossigeno che possono reagire tra loro secondo rapporti di combinazione diversi formando ossido di carbonio e biossido di carbonio. Se carbonio e ossigeno reagiscono nel rapporto di 1g di carbonio per 1,33g di ossigeno, in accordo con la legge di Lavoisier, si ottengono 2,33g di un gas velenoso chiamato ossido di carbonio.
esperimento

Se carbonio e ossigeno reagiscono nel rapporto di 1g di carbonio per 2,66g di ossigeno, si ottengono in questo caso 3,66g di biossido di carbonio, composto gassoso noto anche con il nome di anidride carbonica.
esperimento

Ciò che sorprese Dalton fu che le masse di ossigeno che si combinavano con la stessa massa di carbonio (1g), erano l’una il doppio dell’altra (2,66-1,33).
Anche in altri composti Dalton notò la stessa regolarità e riproducibilità di dati che lo portarono a formulare la legge delle proporzioni multiple nota anche come legge di Dalton:
quando un elemento (nel nostro esempio l’ossigeno) si combina con la stessa massa di un secondo elemento (nel nostro esempio 1g di carbonio) per formare composti diversi (ossido di carbonio e biossido di carbonio), le masse del primo elemento (ossigeno) stanno tra loro in rapporti esprimibili mediante numeri interi e piccoli (nel nostro caso 1:2).
Dalton intuì che solo immaginando la materia composta da particelle microscopiche indistruttibili e indivisibili e non creabili si potevano spiegare le tre leggi ponderali:
  • Legge di conservazione della massa (Lavoisier);
  • Legge delle proporzioni definite (Proust);
  • Legge delle proporzioni multiple (Dalton).
Nel 1808 lo stesso scienziato formulò la prima teoria atomica nota oggi come teoria atomica di Dalton. Tutti i dati fino ad allora ottenuti, non potevano sicuramente dimostrare l’esistenza degli atomi ma potevano essere facilmente spiegati accettando la sua intuizione. Il modello atomico di Dalton si fonda sui seguenti postulati:
  • La materia è fatta da particelle microscopiche indivisibili e indistruttibili chiamate atomi;
  • Tutti gli atomi di un elemento sono uguali tra loro e hanno la stessa massa;
  • Dagli atomi di un elemento non è possibile ottenere atomi di un altro elemento;
  • Gli atomi di un elemento si possono combinare solo con numeri interi di atomi di un altro elemento;
  • In una reazione chimica gli atomi di un elemento non possono essere né creati, né distrutti e si trasferiscono interi formando nuovi composti.

Curiosità
Una caratteristica particolare dello scienziato fu la sua discromatopsia, ovvero l’incapacità di vedere alcuni colori. A lungo non si era reso conto di vedere il mondo in maniera diversa dagli altri: lo scoprì di colpo nel 1794, quando, per sbaglio, indossò un abito rosso vivo invece di quello nero impostogli dalla fede quacchera, e i suoi correligionari lo rimproverarono per l’errore. Affascinato, prese ad indagare sul proprio difetto visivo, chiedendosi come e perché vedesse le cose in quel modo; e descrisse per la prima volta la discromatopsia ereditaria. Solo suo fratello, annotò, sembrava avere il suo stesso difetto. Ripeteva spesso che, per lui, l’erba e il sangue avevano il medesimo colore, e i fiori di campo azzurri il colore di ciò che per gli altri era “rosa”; e si chiedeva interdetto come mai la gente distinguesse il rosso dal verde e il rosa dall’azzurro, mentre lui no. Il rosso, scrisse, gli appariva “poco più di un’ombra o una mancanza di luce”.
Poiché il difetto congenito apparteneva ad un personaggio così famoso, presto fu coniato il termine “daltonismo” per designare la discromatopsia.
 Alla fine lo scienziato elaborò una possibile spiegazione del fenomeno: una zona dei suoi occhi, il cosiddetto umor vitreo, era blu anziché trasparente e lo induceva a vedere il mondo attraverso un filtro che rendeva il rosso e il verde un’identica sfumatura di grigio. Per verificare tale ipotesi, chiese al suo assistente di esaminare i suoi occhi dopo la sua morte.
Dalton morì il 27 luglio 1844, all’età di settantotto anni, e poco tempo dopo Joseph Ransome, il suo assistente, obbedì all’ordine impartitogli dal maestro: rimosse i bulbi oculari, versò l’umor vitreo di un occhio su un vetro da orologio, e constatò che era, come poi scrisse, “perfettamente trasparente”, sicché l’ipotesi di Dalton risultava errata. Allora prelevò un frammento dall’altro occhio e vi guardò attraverso per vedere se oggetti rossi o verdi gli apparissero grigi, ma così non fu, per cui concluse che qualunque fenomeno avesse causato la discromatopsia di Dalton, doveva essersi verificato non nei bulbi oculari, ma nei nervi che collegavano l’occhio al cervello. Poiché Dalton era molto famoso e il daltonismo assai strano, quei bulbi oculari furono messi in un vaso e conservati fino all’epoca moderna dalla John Dalton Society.
A oltre centocinquant’anni dalla morte del grande chimico, era giunto il momento della verità. La biologia molecolare era diventata uno strumento così efficace che, esaminando un frammento di tessuto dei bulbi oculari di John Dalton, gli scienziati erano riusciti a stabilire l’origine della sua discromatopsia. Già in passato si era scoperto che la cecità per i colori era causata da un gene che, avendo subito una mutazione, mancava di alcune informazioni genetiche e non funzionava a dovere.
Il problema era capire se Dalton avesse il gene mutato, cioè se la sua discromatopsia fosse straordinaria o comune.
Con una tecnica rivoluzionaria chiamata PCR, reazione polimerasica a catena, gli scienziati avevano potuto lavorare su un numero infinitesimo di cellule di Dalton, che avevano prelevato all’interno dei suoi bulbi oculari conservati e verificare se fosse presente o meno il gene mutato; si scoprì infine che Dalton aveva una comunissima discromatopsia ereditaria.


Torna indietro